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17-04-2009
Il ruolo svolto dai progetti e dai piani urbanistici nelle trasformazioni che le città stanno vivendo è oggi quanto mai fondamentale. Per comprendere poi anche le
problematiche alle quali lUrbanistica può dare risposte è quanto mai utile tornare a riflettere su questa relazione, confrontandosi in partcolare con
lesperienza di Piani prodotti di recente. Su questi temi si è snodato oggi il forum di Cittàterritorio Festival svoltosi nella residenza municipale
Città e urbanistica, esperienze di Piano in Italia: Ferrara, Bologna e Ancona proseguito nel pomeriggio con lesame delle esperienze di Anversa, Copenaghen e
Lione. Tra i relatori della mattinata lassessore comunale allUrbanistica Raffaele Atti, Carlo Magnani rettore dellUniversità di Venezia e responsabile
scientifico del Piano ferrarese, il sindaco di Ferrara Gaetano Sateriale, Patrizia Gabellini docente del Politecnico di Milano e consulente del Piano strutturale di Bologna e Jesi,
Alberto Clementi docen! te delluniversità di Pescara.
Perfezionato proprio in questi giorni dal Consiglio comunale al termine di ben sette anni di lavoro, ha esordito in apertura lassessore Raffaele Atti il
nuovo Piano strutturale di Ferrara aveva il compito di dare attuazione alla legge regionale e di confrontarsi con gli elementi di novità intervenuti dopo la redazione del
piano del 95 (che aveva anticipato il tema della riqualificazione della città ma che lo aveva fatto convivere con una grande espansione). Fra le novità
introdotte nei primi anni del mandato consigliare 1999-2004 cerano la scelta di rilanciare la vocazione industriale della città, di riavviare e portare a compimento il
polo ospedaliero di Cona, di impegnare significative risorse nei programmi di riqualificazione urbana. Fu chiaro da subito ha poi aggiunto che serviva un piano in
grado di interpretare il nuovo modello di sviluppo che si veniva proponendo: uno sviluppo multisettoriale nel quale un ruolo importante avrebbe potuto giocarlo la qualit! à
urbana come fattore di competizione territoriale. Di qui la scelta di impegnarsi a lavorare sulla città esistente, di espandere il centro e di costruire nuove reti di
relazione. Il molto tempo impiegato è stato sicuramente speso nel tentativo di innescare forme di partecipazione per le diverse fasi di elaborazione e di accompagnare la
costruzione del Piano con scelte che anticipassero i tempi delloperatività rispondendo ad esigenze specifiche.
Oggi conosciamo il significato di sostenibilità ha affermato nel suo intervento il sindaco Gaetano Sateriale ma sette anni di fa non era
ancora di moda. Era più consueto parlare di compatibilità che, nel confronto, è un termine con maggiori limiti. La parola
sostenibilità infatti, guarda al dopo e si propone di aumentare il valore di un intervento per trasmetterlo alle generazioni future. Noi abbiamo tentato di
ispirarci a questo concetto cercando di trasmettere le cose positive, agendo con trasparenza e soltanto dopo avere sentito il parere dei cittadini allinsegna della reale
partecipazione.
A disposizione avevamo una coscienza collettiva scarsamente consapevole della zona industriale cittadina (una realtà in qualche modo rimossa), unarea a est in grande
espansione sulla quale non si era operato nessun approfondimento, e il centro storico, unico e ancora oggi elemento identitario condiviso dalla comunità ferrarese. In
eredità avevamo avuto una tendenza allespansione edilizia non rapportata ad un’adeguata espansione demografica, tutta a vantaggio di nuove costruzioni piuttosto che di
valorizzazione dellesistente. Ci siamo ritrovati inoltre alcuni cronici scandali, come il Palazzo degli specchi e la casa del Pellegrino, ma anche buoni esempi
come il restauro delle Mura e il parco Bassani. E stato pertanto necessario effettuare un censimento della città per verificare le richieste delledilizia,
sciogliere il problema se si poteva essere anche una città industriale e inoltre individuare le forme commerciali per Ferrara città turistica.
Abbiamo inoltre ereditato la scelta di costruire un ospedale a Cona, con tutte le conseguenze di espansione in quella parte della città e di coinvolgimento di interessi di
comunità e di sottocomunità, in particolare degli imprenditori del settore costruzioni tesi ovviamente alla massimizzazione della loro produzione. Una visione che
però non può essere la stessa di chi amministra la città ed è chiamato a decidere. Democrazia è poter discutere in pubblico ma, a mio
avviso, anche decidere nelle sedi apposite e noi in questi anni abbiamo tentato di mettere insieme questi due elementi.