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19-04-2009
Fuori una pioggia battente, dentro il calore del pubblico che ha affollato la sala Estense di Ferrara, storico contenitore culturale che ha ospitato gran parte degli incontri del
Città Territorio Festival. Francesco Erbani, deus ex machina della manifestazione voluta da Laterza e dal Comune di Ferrara, prima di dare la parola agli ultimi relatori, ha
sottolineato la grande partecipazione di pubblico, in particolare proveniente dal mondo dal mondo universitario cittadino e non. “Siamo partiti fra alcune difficoltà – ha
detto – poi però abbiamo creato delle occasioni di confronto, delle situazioni di dibattito autentico raggiungendo un risultato che ritengo complessivamente buono”.
A Mumbai (fino al 1995 Bombay), la megalopoli indiana abitata da quasi diciotto milioni di persone, la “maximun city”, la città degli eccessi, è stato quindi dedicato
l’incontro di chiusura della seconda edizione del Città Territorio festival di Ferrara. Protagonista del racconto delle forme di convivenza e di conflitto fra le
comunità indù, musulmane e cristiane fino al terribile attentato terroristico del novembre 2008 che ne ha sconvolto gli equilibri, il giornalista Suketu Mehta, nato a
Calcutta 46 anni fa ma dal 1977 cittadino della “grande mela” nel ruolo di esule volontario.
Introdotto da Mario Baudino, che ha definito i suoi articoli “viaggi avventurosi”, Mehta ha spiegato gli aspetti salienti del proprio libro, Maximum city. “Con questo reportage
sulla mia città desidero raccontare un mondo che potrebbe non essere solo di questa immensa metropoli ma che, per diversi aspetti, potrebbe rispecchiare luoghi e popoli
diversi”. “Le città che vediamo oggi in India non sono indiane, sono state costruite dai colonizzatori inglesi e non da coloro che invece hanno impostato quella matrice
antichissima di cui oggi rimane qualche testimonianza culturale e urbanistica in un contesto di squallore”. “Quando sono ritornato a Mumbai dopo un po di tempo ho trovato
anche io situazioni veramente insostenibili, interi quartieri senza i servizi primari, bidonville senza acqua, luce, fogne; eppure la gente non si muove, vive nellillusione e
nella speranza di potersi risollevare da questa situazione, guadagnando il denaro necessario per vivere. Nei villaggi perifer! ici c’è una crisi profonda che colpisce
principalmente l’economia basata sull’agricoltura. I giovani aspirano a vivere nelle città perchè è nelle città che si può trovare tutto e
ipotizzare una vita diversa, se si riesce a guadagnare denaro, sia per talento”. A proposito dei conflitti religiosi e politici Mehta ha raccontato nel suo volume il dramma e le
contraddizioni della città indiana, “così grande che tutto quello che accade è vero e falso allo stesso tempo”.
Suketu Mehta – Giornalista, scrittore, è nato a Calcutta nel 1963 e poco dopo si è trasferito a Mumbai. Vive dal 1977 a New York. Scrive per il New York Times
Magazine, National Geographic, Granta e Time. Nel 2006 è stato tradotto in italiano Maximum city. Bombay, città degli eccessi (Einaudi), definito da Salman
Rushdie il miglior libro scritto finora su questa grande metropoli in rovina. Il libro ha vinto il Kiryama Prize e l’Hutch Crossword Award. Nel 2005 Mehta è stato finalista
per il premio Pulitzer. Ha scritto sceneggiature per i film The Goddes e Mission Kashmir. Insegna alla New York University e all’Iowa Writers’ Workshop.