Cos’ha a che vedere una finta parete fatta di corda, disposta quest’ultima a mo di ragnatela, con un corso di formazione per il personale di una società di assicurazioni? Beh, è la prima domanda, confesso anche un po’ snob, che ho mosso alla parte razionale di me osservando questo presunto “strumento” una volta arrivati in un bellissimo castello medievale immerso nella natura. Sorridente il trainer, dott. Leonardo Frontani, informa che ce ne saremmo serviti per un gioco.

Ma allora, siamo qui per giocare o ci vogliono insegnare qualcosa? Questo l’interrogativo immediato suggerito dalla mia parte adulta, la quale, conscia del suo stato di maturità, rileva in questi due aspetti, gioco e insegnamento, una sorta di contraddizione. Non vorranno mica farci giocare a trent’anni!? Trent’anni è appunto l’età media di noi partecipanti e questi sono i dubbi sollevati nell’immediato dalle mie capacità critiche che stimo in buona parte sviluppate. Dubbi che mi hanno messa un po’ come sull’attenti.

Ma la scoperta, o meglio il piacere della scoperta, è arrivato a fine giornata quando riconosco che nel gioco, e ne abbiamo fatti di semplici ed essenziali, abbiamo appreso molte nuove cose riguardanti gli altri ed anche un po’ noi stessi. Si sono attivati, giocando, i nostri circuiti emozionali e ora capisco come questi in effetti possano agire da filtro aiutando la nostra razionalità a dialogare con se stessa e con quella degli altri.

In primis abbiamo dedotto la necessità di fissare, nel gioco, delle regole di gruppo che sovrastino gli stessi principi e iniziative individuali affinché il risultato fosse il perseguimento condiviso e vincente di un obiettivo comune. Già questa mi sembra una buona presa di coscienza ed un ottimo punto di partenza per procedere ad edificare il tanto bramato spirito di squadra. Ma per fissare le regole e fare in modo che il gruppo ne riconosca il valore occorre comunicare e una comunicazione, perché vada a buon fine, prevede essa stessa il rispetto di alcune regole che debbono essere condivise. Siamo in prima persona responsabili delle nostre capacità di relazione e tale responsabilità deriva giustappunto dalla possibilità di scelta che abbiamo nell’attenerci o no a tali regole. Questo è il principio fondamentale che ci viene trasmesso dal trainer il cui compito è stato proprio quello di suggerirci le regole di buona condotta comunicativa, quelle che l’esperienza ha sancito come tali. Prima di tutto l’empatia da stabilire con il proprio interlocutore: essa richiede capacità di osservazione e di ascolto ben affinate.

Contenuti ed esperienze di gioco dunque da vivere e sentire sulla propria pelle: si chiama formazione esperienziale; è il metodo che ha proposto per noi, con i suoi programmi, TWT Team  ritenendo sia questa la strada migliore per la costruzione di un team ben coeso all’interno di un’azienda, strada che, dopo averla in parte praticata,  mi sento certamente di avvalorare anche solo per aver recepito lo stimolo a compiere un’accurata auto-riflessione.

Per chi di voi, concludendo, abbia voglia di conoscere dettagliatamente i contenuti e i giochi/esercitazioni di questa giornata mantengo un certo riserbo per non privarvi dello stesso piacere della scoperta che ha meravigliato e conquistato me. Posso solo rivelare che attraverso quella parete di corda così simile ad una ragnatela ci siamo dovuti passare almeno in sette senza poterla toccare e nel termine massimo fissato dal trainer di soli venti minuti. Il resto dovete immaginarlo.

 

Neide Loconte, esperta in comunicazione e addetta stampa

 

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